18-20 ottobre 2019 – gita dell’ALA a Carrara, Lucca e Pisa
Ringrazio doverosamente innanzitutto l’associazione ALA per l’ottima scelta di questo itinerario di tre giorni. Non parlo volutamente di monumenti, palazzi, piazze, chiese e personaggi storici ed artistici in quanto la loro descrizione può essere recepita su qualunque opuscolo turistico, dedicato alle tre località turistiche. Non affronto nemmeno qualsiasi discorso sulle origini storiche e politiche perché diventerebbe noioso e contraddittorio, quando ci sono più fonti da citare. Le guide turistiche – che ci hanno accompagnato – sono state molto brave e all’altezza del loro compito. Io, dal mio modesto punto di vista, tratto della gita basandomi sulle mie osservazioni personali e faccio riferimento alle curiosità che le singole guide ci hanno impartito durante le loro descrizioni minuziose. Anche loro – dato lo scarso tempo a disposizione – si sono limitate a condurci nei luoghi più importanti delle città visitate e a darci un’infarinatura sulle notizie più importanti.
Un gruppo di 44 persone è eccessivo per una sola guida: la distrazione, la concentrazione e la presenza effettiva e contemporanea non era gestibile per un massimo ascolto e partecipazione collettiva. Carrara è conosciuta nel mondo come la capitale mondiale del marmo fin dall’antichità; viene definita dagli storici città anarchica e libera: qui tutto è marmo! I suoi abitanti rappresentano tutto e il contrario di tutto; da fuori sono visti arcigni e arrabbiati; da dentro sono persone dal cuore grande e generoso e sono pronti a sacrificarsi per chi è in difficoltà. Mi ha rattristato il suo centro storico con le saracinesche di negozi abbassate e i cartelli vendesi; però, si udivano i battiti della Fortitude. Alzando lo sguardo in alto, si vede il bianco delle Alpi Apuane come se fosse neve, invece è il candore del suo marmo. Lucca è denominata la città delle 100 chiese; un tempo delle 250 torri. Sarebbe ora che l’UNESCO si sbrigasse a definirla Patrimonio dell’Umanità!
Un tempo era chiamata Repubblica Nana – per via del suo esiguo territorio – e di Pidocchi – nel senso della tirchieria; i mercanti un po’ lo sono; non sperperano facilmente i denari, se non c’è un tornaconto personale. I Lucchesi, invece, si definiscono attenti a mettere le mani in tasca. Quando un’opera non finisce nei tempi stabiliti si dice: è costata quanto il Serchio ai Lucchesi. Solo Dio sa quanti danni ha provocato quel fiume maledetto e benedetto nello stesso tempo! L’orgoglio della cinta muraria mi dà la certezza di quanto il popolo lucchese fosse stato legato alla sua città: ognuno partecipò alla costruzione; chi poteva in denaro e i meno abbienti con giornate lavorative. Ecco il senso dell’appartenenza! Avevano una propria zecca per non restare senza denaro. Di Pisa, conosciuta e straconosciuta turisticamente, dico solo che si rinnova sempre il miracolo di calpestare l’erba della sua famosa piazza, di visitare gli altri luoghi meno conosciuti e nascosti e di portare l’augurio che la famosa Torre guardi il cielo e ci saluti col suono delle sue campane, in quanto è un campanile e non un torrione. Udire una voce femminile che si alza nella volta del Battistero, si amplifica e ritorna in basso sotto forma di eco modificata ci dice quanto è grande l’intelligenza umana quando si adopera per creare capolavori che ne esaltano l’ingegno. Nella Piazza dei Miracoli, c’è tutta l’essenza della vita umana che si evolve attraverso i quattro capolavori: il Battistero; la Cattedrale, il Campo Santo e la Torre. Si manda il messaggio che è sordo chi non vuole sentire la voce che viene dal Cielo! Buona vita dallo scrittore Carmine Scavello